Una madre che sprona i propri figli a raggiungere importanti traguardi accademici. È un termine piuttosto offensivo che letteralmente significa "mamma insegnante". Gli studenti giapponesi sono tradizionalmente vittime di una pressione parentale molto severa, ma non sono le uniche vittime di questo tipo di attenzioni: la fissazione americana per i giochi didattici, con l'obiettivo di creare bambini prodigio, riguarda sia le mamme che i papà.
Un Hari Kuyo è un santuario per aghi da cucire rotti. Nella provincia di Wakayama, ogni villaggio ha un tempio dove periodicamente viene offerta una funzione religiosa per ricordare gli aghi rotti. L'idea è che gli aghi da cucire abbiano lavorato duramente per tutta la loro vita e siano morti al servizio di chi li ha usati. Quando si rompono sono quindi messi a riposare sopra un soffice letto di tofu.
Totalmente intraducibile, il wabi sabi è un concetto estetico giapponese, simile al mono no aware, ma più legato all’arte, e indica la bellezza delle cose imperfette.
"Il sentimento delle cose" In italiano non suona benissimo ma è una delle parole giapponesi che più amo e che rappresenta un concetto estetico fondamentale della cultura classica giapponese sin dal periodo Heian (sacura come simbolo del mono no aware ). Il mono no aware indica una sorta di nostalgia e sensibilità verso la natura transitoria della bellezza e della vita.
In italiano c'è bisogno di un'intera frase per definire questo concetto. In giapponese basta una parola... Komorebi, la luce del sole che filtra attraverso i rami degli alberi. Pura poesia racchiusa in quattro caratteri.
L'azione di lasciare un libro non letto dopo averlo comprato, di solito impilato con altri libri mai letti. Per quanto filo-orientali voi siate, non fatene però un vanto se il l'arredamento di casa sta passando dal Feng Shui al totally tsundoku.
Sensazione che si prova entrando in una casa buia e diroccata nel cuore della notte.
Una donna che spende gran parte del suo salario in manicure.
Non c'è migliore terapia per il corpo e l'anima che quella di andare a fare una passeggiata nei boschi. Tale pratica popolare giapponese, vi permette di essere in contatto diretto con la natura e respirare aria fresca. Tutto questo ha un nome in giapponese.
Avete presente quando una persona peggiora nell'aspetto dopo un taglio di capelli? In Giappone c'è una sola parola, universale che spiega questo.
Una bella donna finché la si guarda da dietro.
Morte per stress lavorativo.
Letteralmente "giorno luminoso di maggio", in origine il termine indicava un giorno di sole nella stagione delle pioggie. Ora è più usato come riferimento a una giornata dal cielo particolarmente brillante all’inizio di maggio.
L’ultimo bagliore di luce sulla superficie di un fiume al tramonto. Apparentemente semplice, con solo i kanji di fiume e luminoso, questa parola intraducibile racchiude una delle immagini più suggestive di sempre. Basta pronunciarla per immaginarsi tutta la scena e aver voglia di trovarsi davanti a quel fiume che brilla al tramonto.
Cose che evocano ricordi di una particolare stagione. Tre kanji, vento, cose e poesia, per descrivere una sorta di nostalgia che senti nell’aria e che difficilmente si può esprimere se non in giapponese.
Consapevolezza dell’universo che risveglia un sentimento troppo profondo per le parole.Principio estetico legato al wabi sabi, non solo è una parola intraducibile ma anche di difficile spiegazione tanto che la definizione cambia a seconda del contesto. Lo yuugen indica una indecifrabile profondità e la bellezza nascosta, il fascino delle cose in penombra che non si riescono a comprendere perfettamente.
Letteralmente significa “riparare con l’oro” ed è una pratica che rientra nel concetto estetico di wabi sabi in cui l’oggetto danneggiato non viene buttato via ma anzi viene curato e impreziosito da resina liquida con polvere d’oro versata nelle crepe. La bellezza non sta nella perfezione ma nella storia della vita che cambia e nell’imperfezione che ne consegue. Gli oggetti, specialmente antico vasellame di ceramica, acquistano una dimensione temporale raccontando ognuno una storia diversa e irripetibile nel disegno dorato delle crepe e diventano così simbolo di bellezza.
È l’equivalente del moderno “colpo di fulmine”, i giapponesi usano il termine per indicare la certezza che si ha di trovarsi di fronte alla propria anima gemella.
È una parola coniata da Takeo Doi partendo dal verbo amaeru ed è un sostantivo usato come parola-chiave per spiegare, analiticamente, il comportamento di una persona che cerca di indurre una figura autoritativa, come un genitore, un coniuge, un insegnante o un superiore, a prendersi cura di lei. La persona che sta esprimendo amae può implorare o lamentarsi o, in alternativa, può agire egoisticamente nella convinzione che la persona che si occupa di lei perdonerà e sarà condiscendente. Il comportamento dei bambini verso i genitori è forse l'esempio più comune di amae, ma è stato suggerito che le pratiche pedagogiche nel mondo occidentale cercano di interrompere questo tipo di dipendenza nei bambini, mentre essa continua fino all'età adulta, nelle relazioni più strette, in Giappone (scopri di più).
Letteralmente "riparare con l'oro", a questa filosofia si ispira l'antica tecnica giapponese del Kintsugi che evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore all’oggetto rotto. Un oggetto si può rompere ma non per questo perde il suo valore e la sua bellezza. I pezzi - tradizionalmente di ceramica - vengono minuziosamente riparati, i frammenti uniti e le venature coperte da un filo d'oro. Prima, come collante, viene usata la lacca Urushi, ricavata dalla pianta Rhus. Poi, le crepe saldate vengono coperte con della polvere d’oro, d'argento o di rame. Nella cultura giapponese nessun oggetto deve necessariamente essere perfetto: ognuno, tramite il Kintsugi, racconta la sua storia. Così, dal dolore e dalle cicatrici, nasce una forma di bellezza ancora più potente (scopri di più).
La capacità di addormentarsi per breve tempo in un luogo pubblico, per esempio al ristorante o in autobus.